Una prima volta per tutto
Oggi io, Jack Senior ed Angela ci siamo svegliati alle 5.30 per andare al campo da basket a vedere l’alba. È incredibile come qui l’alba sia l’opposto del tramonto: ieri sera infatti ero nel cortile della scuola di Paolo ad osservare il tramonto, il sole ancora non aveva toccato l’orizzonte quando ho deciso di spostarmi nella stradina rossa che porta alla casa delle suore per fare qualche foto con gli zebù che ritornano al villaggio dopo una giornata di lavoro. Il tempo di spostarmi dalla scuola alla stradina che il sole era già tramontato, proprio come se qualcuno avesse premuto un interruttore. Questa mattina invece il sole ci ha messo ben 45 minuti per sorgere. Verso le 5.40 il cielo aveva preso un bellissimo colore rosso, che si sposava perfettamente col colore del terreno, ma il sole si è fatto vedere solo alle 6.15 per sorgere del tutto solo alle 6.30 circa.
Mentre eravamo seduti a contemplare l’alba riuscivamo ad udire canti belli carichi, accompagnati da tamburi e flauti intagliati nel bambù. Erano due famiglie che celebravano il funerale di un loro parente, in modo simile ad una Famadihana: una festa che dura all’incirca una settimana, giorno e notte, dove viene riesumata la salma di un parente defunto, lo si pulisce cambiando le bende e si festeggia ballando, mangiando e bevendo in famiglia. La morte nella vita di un malgascio è molto presente, fa parte della quotidianità, e la popolazione ne è a conoscenza, soprattutto del fatto che la vita terrena sia solo di passaggio. La vita eterna la si raggiunge solo dopo la morte, così la famiglia festeggia e glorifica il fatto che il parente sia passato alla vita eterna. Secondo la cultura malgascia, morendo si diventa un antenato, un Razana, e quando qualcuno è portato a compiere scelte molto importanti si reca nella tomba del Razana a pregarlo.
Dopo colazione siamo partiti per la scuola di Paolo, il programma di questa mattina era di continuare il lavoro dei murales. Nel tragitto siamo passati di fianco alla casa della famiglia che festeggia, non appena siamo stati notati ci hanno fatto cenno di unirci alla festa. Inutile dire che non avevo mai ballato affianco ad una bara aperta, ma c’è una prima volta per tutto.
Il lavoro dei murales è stato abbastanza faticoso, già non sono un gran pittore, in più essere accerchiati da bambini, ragazzi e adulti del paese che incuriositi osservavano il lavoro di questi Vazaha, a volte metteva a disagio; per fortuna che c’erano gli scout malgasci a distrarre i bambini con giochi e bans. Finiti i murales sono stato attaccato da un gruppo di bambine, che quasi facevano a botte per salirmi in braccio. Alla fine ho preso una bambina scalza e l’ho accompagnata al campo da basket dato che faceva fatica a camminare a causa delle infinite spine che le si infilavano nei piedi. Quando l’ho presa su la sua amica, che era affianco a me, ha iniziato a toglierle le spine. Lì per lì rimasi incredulo, non è una scena che si vede tutti i giorni. Subito dopo queste due bambine, vedendo la mia faccia, le mani e le braccia sporche di vernice hanno iniziato a grattarmi il colore dalla pelle, cercando di pulirmi. Sono rimasto colpito dalla dedizione che queste bambine mettevano nel “lavarmi”, nonostante fossero decisamente più sporche di me.
La sera, essendo l’ultima a Miandrarivo, abbiamo festeggiato con le suore e gli scout malgasci. Alla fine non abbiamo avuto troppi problemi di comunicazioni con gli scout. Anche perché, come già hanno detto alcuni, lo scoutismo è un linguaggio universale.
JACKINO