Ci stanno inseguendo
Un cielo trafitto di nuvole ci fa compagnia al risveglio, una leggera pioggia rinfresca l’aria.
Percorrere gli ultimi 200 km fino a Boma in più di 5 ore è un impresa che, se sommata ai due giorni precedenti, riesci a fare solo se ti armi di tanta pazienza.
La strada con la sua fila infinita di camion impersona perfettamente la vita africana: lenta.
I tempi sono dilatati, le attese più lunghe, le parole distanziate da ampie pause, non c’è fretta.
A incorniciare il viaggio c’è il finestrino, che per chi guarda attentamente si trasforma in un documentario. Il panorama è un susseguirsi di villaggi brulicanti di vita, alberi enormi, bancarelle improvvisate lungo la strada, babbuini, distese di nulla.
La valle dei baobab potrebbe essere la sceneggiatura di un film. Dei giganti svettano dalla terra fino all orizzonte rendendo quasi invisibile ogni altro singolo dettaglio.
Le strade sono vive, piene di gente. Le persone si riversano sulla strada al passaggio: uomini straniti a vedere un bianco che dopo un “mambo” spalancano la loro bocca facendo vedere il sorriso bianco che si contrappone alla loro pelle scura, le donne che con i loro vestiti sgargianti creano un mosaico di colori unico nei villaggi
Dallo spiraglio del finestrino entrano gli odori pungenti, che al nostro naso suonano strani. Odore di gasolio dei camion, dei fuochi accessi, di terra, degli animali.
La polvere della terra rossa contorna il tutto.
La strada ci lascia tanto se abbiamo la chiave per comprenderla.
Capiamo che siamo vicini all’arrivo quando la strada peggiora, sassi e buche la rendono quasi impraticabile.
La conferma arriva quando a lato iniziano a comparire bambini che si lanciano di corsa verso di noi per un saluto.
Ne passiamo uno, due, tre, dieci, cinquanta.
Mi sporgo dal finestrino e sì, ci stanno inseguendo, ci rincorrono in mezzo alla polvere per salutarci.
Scendiamo dal pulmino e ci accolgono con i loro sorrisi, incuriositi e timidi.
Il muro che crea la lingua viene abbattuto dalla lingua universale della palla
Siamo finalmente a Boma
Francesco