Troppe domande senza risposte

Il servizio è molto semplice. Si tratta di distribuire panini (thelete sandwich?) e té freddo (crio chai?) ai senza tetto del porto del Pireo. Questi gesti servono a coltivare le relazioni con queste persone, facendo sentire loro un po’ del calore che la società gli nega. Fino a qui è tutto teorico e lineare. Quando poi ci si trova davanti ai volti, agli odori, alle voci, la situazione si complica parecchio e le corde delle emozioni, intense e negative, iniziano a vibrare.

Non siamo preparati ad incontrare così tante persone. Decine, centinaia di vite sbattute sulle panchine, sui prati dei parchi, sull’asfalto dei marciapiedi.

Non siamo preparati a incontrare le donne. Un “barbone” te lo immagini diverso. Non ti aspetti una signora sorridente che potrebbe essere tua madre, pulita e ordinata, circondata da sacchi pieni dei suoi poveri averi. Non siamo preparati a incontrare ragazzi giovani, forse tossico-dipendenti, gli stessi ragazzi che potrebbero essere i tuoi vicini di casa, le stesse persone che potresti incontrare in un locale o in pizzeria.

Non siamo assolutamente preparati ad incontrare le famiglie, che sono soprattutto rom. Uomini e donne adulti, con i cartoni che saranno il loro letto sottobraccio. I bambini intorno seguono mamma e papà in cerca di un luogo tranquillo per dormire e magari di un po’ di cibo per riempire lo stomaco un altro giorno. I bambini, di ogni età e i più piccoli spesso nudi, non dovrebbero crescere sulla strada. I bambini giocano e ridono in ogni luogo, e questi non fanno differenza. Questa situazione è però semplicemente inaccettabile ai nostri occhi. Queste immagini ci colpiscono come un maglio. Qualcuno di noi non trattiene le lacrime.

I senzatetto di Atene vengono assistiti nei loro bisogni primari da associazioni come la Papa Giovanni XXIII. L’impressione però è che non sia il cibo ciò che più manchi loro. Abbandono, emarginazione, solitudine sono i mali che affliggono le loro esistenze.

I nostri cuori pesanti vengono consolati da momenti belli, addirittura commoventi. Maria Serena, la volontaria che ci guida e ci accompagna, viene accolta con sorrisi sinceri e abbracci affettuosi. Non c’entrano il tè e i panini. I visi di questi poveri sono illuminati da qualcosa che somiglia molto all’amicizia e alla riconoscenza di chi apprezza il tempo che lei e noi abbiamo scelto di condividere.

Alcune di queste persone inoltre ci danno vere e proprie lezioni di dignità. C’è che cura la propria pulizia anche in questa condizione di totale privazione. C’è chi, come Stathis, è riuscito a ritagliare sotto una tettoia un angolo di salotto, con un tavolino di fortuna e una sgangherata sedia da ufficio. Consuma il pasto donato da qualche ente benefico come se si trattasse di una cena in un ristorante. A commuovermi è Alekos. A fianco della panchina che rappresenterà il suo letto di questa notte c’è una pila di libri e un paio di occhiali. Mi mostra con orgoglio i suoi volumi, in greco. Sono dettagli di potentissima umanità.

Tantissime domande affollano le nostre menti. Abbiamo accompagnato a turno Maria Serena nella visita dei senzatetto al porto, in centro, nei parchi. Tutti abbiamo provato le stesse emozioni contrastanti e tutti siamo tornati con troppe domande alle quali non riusciamo a dare risposte convincenti. Siamo scout, e crediamo che nel servizio ai poveri incontriamo Gesù. Probabilmente non ci serve sapere altro per dare un senso a tutto questo.

Michele

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