Il tumulto interno

Oggi abbiamo visitato la scuola secondaria di Ipeta, l’accoglienza é stata tanto strabiliante da farmi sentire non solo impreparato, ma quasi inadeguato… gli scout sono una vera e propria formazione paramilitare e gli studenti si sono esibiti mostrando a turno balli e talenti personali. Poi siamo passati all’effettiva interazione con loro: hanno mille sogni e mille speranze, come possiamo negargli di venire in Italia con noi quando ce lo chiedono con così tanta insistenza, come possiamo rispondergli quando ci chiedono come diventare medici o piloti, come facciamo a inventarci dei consigli sulla vita quando ci chiedono di fargli dei discorsi importanti? Dagli incontri preparatori sapevo che sarei rimasto spiazzato, che non avremmo mai potuto far niente di concreto per loro, che questo era un viaggio per imparare e per portare poi a casa queste emozioni, ma vivere tutto questo sulla pelle ti fa sentire così piccolo, così inutile quasi… e siamo solo al terzo giorno… nonostante il mio tumulto interno, l’accoglienza qui é ineguagliabile e i sorrisi inestimabili!

Tommaso

Ci stanno inseguendo

Un cielo trafitto di nuvole ci fa compagnia al risveglio, una leggera pioggia rinfresca l’aria.

Percorrere gli ultimi 200 km fino a Boma in più di 5 ore è un impresa che, se sommata ai due giorni precedenti, riesci a fare solo se ti armi di tanta pazienza.
La strada con la sua fila infinita di camion impersona perfettamente la vita africana: lenta.
I tempi sono dilatati, le attese più lunghe, le parole distanziate da ampie pause, non c’è fretta.
A incorniciare il viaggio c’è il finestrino, che per chi guarda attentamente si trasforma in un documentario. Il panorama è un susseguirsi di villaggi brulicanti di vita, alberi enormi, bancarelle improvvisate lungo la strada, babbuini, distese di nulla.
La valle dei baobab potrebbe essere la sceneggiatura di un film. Dei giganti svettano dalla terra fino all orizzonte rendendo quasi invisibile ogni altro singolo dettaglio.

Le strade sono vive, piene di gente. Le persone si riversano sulla strada al passaggio: uomini straniti a vedere un bianco che dopo un “mambo” spalancano la loro bocca facendo vedere il sorriso bianco che si contrappone alla loro pelle scura, le donne che con i loro vestiti sgargianti creano un mosaico di colori unico nei villaggi

Dallo spiraglio del finestrino entrano gli odori pungenti, che al nostro naso suonano strani. Odore di gasolio dei camion, dei fuochi accessi, di terra, degli animali.
La polvere della terra rossa contorna il tutto.

La strada ci lascia tanto se abbiamo la chiave per comprenderla.

Capiamo che siamo vicini all’arrivo quando la strada peggiora, sassi e buche la rendono quasi impraticabile.
La conferma arriva quando a lato iniziano a comparire bambini che si lanciano di corsa verso di noi per un saluto.
Ne passiamo uno, due, tre, dieci, cinquanta.
Mi sporgo dal finestrino e sì, ci stanno inseguendo, ci rincorrono in mezzo alla polvere per salutarci.
Scendiamo dal pulmino e ci accolgono con i loro sorrisi, incuriositi e timidi.
Il muro che crea la lingua viene abbattuto dalla lingua universale della palla

Siamo finalmente a Boma

Francesco

La strada si colora

Ieri sera ci sembrava di essere già arrivati a destinazione e invece eccoci qua, quasi giunti alla nostra destinazione per la notte a Mikumi, dopo circa 8 ore di viaggio

‘Si bello, ma quando si inizia??’ Ecco il mio pensiero quando ancora non mi ero seduta su quel sedile che è stato un fedele compagno mentre percorrevamo lunghissime lingue di asfalto dritte come frecce che tagliano un paesaggio; paesaggio che si alterna tra pura e nuda riserva naturale e zone densamente popolate e occupate da fittissimi negozietti che vendono di tutto, dalla frutta fresca a pezzi di ricambio per i camion.

La strada pulita stona talvolta con i cumuli di plastica e materiali bruciati che incontriamo ogni decina di metri.
Abbiamo visto la disparità da dietro ad un finestrino, scrutando nel paesaggio infinto composto da capanne fatte di pochi teli e qualche palo, casine composte da rudimentali pannelli di lamiera e poi ancora qualche casa costruita da qualche mattone amatoriale ed infine si scorgono rare case costruite come quelle che conosciamo noi nella nostra quotidianità.
La strada si colora poi di donne, uomini e bambini vestiti con i loro abiti piú belli, colorati e sgargianti per andare a messa; è uno spettacolo bellissimo che trova però la sua stonatura in un bimbo coricato al ciglio della strada con pochi abiti per coprirsi, reduce probabilmente da una notte insonne.

In mezzo a questi controsensi e alla vista mozzafiato, mille pensieri iniziano ad affollare la mia mente, poi d’un tratto tutti i dubbi sono svaniti per un attimo, alla vista del primo animale, un babbuino.
Poi in pochi minuti eravamo dentro al Mikumi National Park, che ci ha regalato un susseguirsi di emozioni, tra gnu, antilopi, giraffe e ippopotami che ci insegnano come si riesce a convivere e coesistere.

Arrivata alla nostra nostra 2° tappa, accompagnati da un tramonto che sembra una tavolozza di colori, mi rendo conto che la mia ansia di iniziare stamattina rischiava di annebbiare tutto il tragitto che seppur in pulmino, ci permette di entrare in punta di piedi in questa fantastica avventura e cultura.

Alice

Benvenuti in Tanzania

Sorvoliamo la capitale e la prima impressione che mi lascia questo continente arriva già dall’oblò dell’aereo: le luci di Dar es Salaam mi incantano, sono miliardi di puntini luminosi e confusi, senza conformazione, non seguono nessuna forma geometrica, è tutto un grande agglomerato caotico di vita.
Nella tempesta di luci bianche fa capolino un serpente rossastro, è la strada principale trafficata dai fanali caldi dei mezzi di trasporto più disparati.
L’impressione di caos si zittisce quando atterriamo e veniamo accolti da un silenzioso aeroporto, calmo e accogliente: i sorrisi degli impiegati rilassano le mie preoccupazioni e mi lascio stupire dalla tranquillità e disponibilità che ci riservano. Parliamo con due persone che ci aiutano a risolvere un problema con il visto: ci ascoltano, sorridono, ci rassicurano. In aeroporto a Bologna sarebbe andata diversamente.
Il viaggio è stato lungo, un eufemismo: da Bertinoro a Dar 21 ore, ma la struttura in cui alloggiamo ci offre doccia e letto.
È iniziato il nostro viaggio, benvenuto in Tanzania Bertinoro 1.

Agnese, 31/08/2024

Mettersi in gioco nel servizio alla comunità

“Servizio” è stata subito la parola che mi è venuta in mente, dopo questi due giorni passati insieme. Sarà la parola che mi accompagnerà in questo ultimo periodo nel mio Clan e soprattutto nel mio percorso verso la partenza.
Durante questo EPPPI ho dato tutta me stessa nel mettermi in gioco, come ha detto Padre Luca che con le sue parole e testimonianze è come se mi avesse dato una spinta e mi avesse detto “vai ora è il tuo momento”, da lì io mi sono sentita a mio agio, senza paura dei pregiudizi degli altri.
Nel gruppo che si è creato in questi due giorni ho notato un sacco che c’era sempre la voglia di mettersi in gioco e mai di tirarsi indietro nelle attività che venivano proposte e anche nel comprendere il servizio verso il prossimo che è un’esperienza da fare e da vivere.
Tutte le attività che abbiamo fatto in questi giorni mi hanno fatto scoprire un sacco di cose che ancora non conoscevo e non avevo mai compreso all’interno del mio cammino scout. Ora mi sento più informata e consapevole che adesso tocca a me e anche al mio clan di mettersi in gioco e al servizio del prossimo. I vari momenti di catechesi mi sono serviti per accrescere sempre di più la mia fede e farla crescere anche all’interno del mio Clan.
Questa esperienza mi ha insegnato tanto, soprattutto il mettersi in gioco che per me è stata sempre una cosa difficile, ma ho compreso che se non ti metti in gioco e al servizio degli altri è difficile raggiungere un obiettivo, quello di aiutare il prossimo.

Maria Chiara

Porterò questa speranza nel mondo e nella mia comunità

“Impegno” è una parola di grande importanza, è qualcosa che se ti riprometti di seguire ci devi mettere tutta te stessa per mantenerla. Durante questo EPPPI ho dato una nuova definizione: impegno per me è diventato metterci il cuore, la forza e tutta la mia volontà per proseguire sulla strada presa, per quanto essa sia in salita o in discesa. Nel gruppo che si è creato in questi due giorni ho notato una grande voglia di mettersi in gioco e di servizio verso il prossimo, inteso come aiuto/servizio in una futura missione ma anche nei confronti dei miei compagni. Era da molto tempo che non vedevo un “clan” così determinato, pieno di speranza e di voglia di imparare come potersi mettere al servizio di altri.

Fin dall’inizio di questa breve ma intensa esperienza ho avuto una emozione costante, che forse è più come una sensazione: “avere il cuore pieno di gioia e determinazione”.

Tutte le attività, incontri fatti in questi giorni mi hanno fatto scoprire una parte di mondo che conoscevo poco. Ora mi sento informata e consapevole del lavoro che diverse persone compiono rischiando tutto e senza un tornaconto materiale, mantenendo come unico fine l’amore che essi ricevono e la gioia che portano in realtà diverse. Ho intenzione di portare sempre con me la speranza che queste testimonianze hanno fatto crescere in me, dall’altra parte del mondo o nella mia comunità.

La determinazione e la voglia di mettermi in gioco sono sempre state mie caratteristiche ma durante questo EPPPI penso di aver ampliato questo mio desiderio, creando in me un senso di avventura e voglia di rimboccarmi le maniche per qualcosa di così grande appena ne avrò la possibilità.

Questa esperienza mi ha insegnato tanto, a partire dall’incontro con questo gruppo di ragazzi che vedo carico per affrontare la strada davanti a sé, dovunque essa porti. La testimonianza di padre Luca mi ha infuso il senso di felicità che si può trovare nelle piccole cose che magari al resto del mondo sfuggono. I racconti delle esperienze dei capi e le diverse catechesi hanno fatto nascere in me diversi interrogativi importanti che mio aiuteranno a crescere lungo la strada che mi attende.

Giulia

La scintilla è diventata un fuoco

Sono partita con una scintilla, un piccolo sogno che porto avanti da qualche anno: il voler lasciare tutto e partire a servizio degli altri, incontrando e incontrandomi. Già da ieri sera, 25 marzo, questa scintilla è diventata un fuoco, il desiderio di mettersi in gioco fino in fondo, di conoscere, di tessere relazioni, di cambiare e di riportare.

Grazie alle testimonianze e alla voglia riscontrata anche negli altri ragazzi sento che è fattibile, che si può fare.

Come ci ha insegnato Carmelo in un momento di chiacchiera serale, non dobbiamo aver paura di realizzare i nostri sogni.

“Sento nel profondo un desiderio nascere e la voglia di partire che continua a crescere”. Questa è la frase che rappresenta al meglio il mio EPPPI.

Irene

La fine di un percorso

Durante questa settimana le esperienze vissute sono state molto variegate fra loro. Ho avuto modo di aiutare direttamente e indirettamente gli emarginati, le persone che vengono pressoché ignorate… le persone confinate ai bordi delle strade e dalle quali fanno fatica ad uscire. Ho visto con i miei occhi, sentito con le mie orecchie e percepito sulla mia pelle quanto possa essere devastante, a livello fisico e mentale, finire sul ciglio di un marciapiede e come un semplice gesto possa risollevare, per un attimo, queste persone… un semplice “buongiorno”, un semplice “come stai” ed un semplice pezzo di pane farcito solo di marmellata possono sembrare gesti quasi inutili ai nostri occhi, ma non ai loro e te lo fanno capire in tanti modi diversi.
Questa settimana purtroppo è finita, così come è finito il mio percorso all’interno del clan… tantissime esperienze, fonti di saggezza, hanno contornato il mio cammino e, insieme ai compagni con cui le ho condivise, sono cresciuto, maturato e pronto a vivere nuove esperienze, aprirmi la mente a nuove realtà ed a fare del mio meglio per compiere il mio dovere verso Dio e verso il mio Paese, ad aiutare gli altri in ogni circostanza e ad osservare la legge scout.
Sono convinto che ognuno di noi dovrebbe vivere queste esperienze per rendersi conto di quanto il nostro aiuto, seppur piccolo, possa sprigionare una forza immensa, al punto tale da salvare delle vite che, come quelle di tutte le creature viventi, sono fondamentali, uniche e meritano di esistere.

Massimo

Il cambiamento più grande è dentro di noi

In questa route abbiamo capito il valore dell’incontro con l’altro. Ci siamo messi al servizio del prossimo, della comunità Papa Giovanni XXIII e abbiamo dato a loro aiuto per quel che avevano bisogno.
I ragazzi hanno già raccontato nei dettagli quello che abbiamo fatto nei loro racconti precedenti. Ora è il momento di tornare a casa.
“Ci sono tantissimi poveri al mondo che non verranno mai da noi, da quelli dobbiamo andarci noi. Loro sono miei fratelli”.
Questa frase di Don Oreste Benzi mi ha ronzato in testa per tutta la route.
È questo quello che abbiamo fatto, è questo quello che conta.
Noi abbiamo preso un aereo e abbiamo volato per stare con questa gente, e speriamo di aver lasciato almeno un sorriso in loro, un segno di fraternità, perché anche loro sono nostri fratelli.
Sono molto orgogliosa e contenta di essere partita con questa comunità.
Il servizio che siamo stati chiamati a svolgere è stato svolto appieno e le persone che ci hanno ospitato ci hanno ringraziato tanto del lavoro fatto.
Quando si parte per una missione si pensa sempre di partire per stravolgere e cambiare il mondo, per poi arrivare e capire che quel che possiamo fare è davvero poco.
Ma questo “poco” è solo una nostra sensazione. È poco per questo clan che ha una grande energia, una grande voglia di FARE, di spaccare tutto e di più, molto di più.
Ma quello che conta è il fatto, come dice Don Benzi, di essere andati a trovare quell’altro che non sarebbe mai arrivato da noi.
È l’essere stati con loro, aver giocato con i bambini, aver cucinato e pregato con le suore.
Il cambiamento più grande deve avvenire dentro di noi. Affinché, dopo aver “visto”, non possiamo più fare finta di niente.
Quello che sicuramente mi porto a casa da questa route è la testimonianza delle suore che con tanta gioia, purezza d’animo ci hanno raccontato le loro scelte di vita e di come sono state guidate dal Signore per farle.
Mi porto a casa gli occhi della gente che abbiamo incontrato in strada, dei sorrisi che se anche per poco abbiamo cercato di condividere insieme.
Mi porto a casa la dolcezza dei bambini con cui abbiamo giocato.
Mi porto a casa anche un po’ di stanchezza, ma una stanchezza bella.
E mi porto a casa tutte le testimonianze delle persone che abbiamo incontrato, affinché anche noi, dopo questi blog, riusciamo ad essere dei testimoni attivi e attenti nella nostra realtà in Italia.
Ah dimenticavo, guidare il pulmino delle suore in Grecia è stata un’avventura che mi ha un po’ terrorizzato per la responsabilità che mi hanno dato. Ma che figata.

Gaia

Non è stato facile

(Premessa: venerdì sera i ragazzi sono stati mandati in Hike. A Leonardo, Francesco e Massimo è stato chiesto di dormire in strada)

Come ogni viaggio l’ultimo giorno è quello più carico di emozioni, ma anche quello meno atteso in quanto segna la fine di un avventura.
Ieri sera ho avuto il piacere di conoscere Iliada, una ragazza greca che lavora in un bar in pieno centro, all’Acropoli.
Mi ha chiesto perché a mezzanotte mi trovavo su una gradinata nei giardini Zappeio e alla mia risposta è rimasta scioccata.
“Ma sei serio? Perché? Che senso ha?”
Ridevo e non sapevo cosa dirle, ma ho avuto sei ore di veglia notturna per pensarci.
Abbiamo passato una settimana ad aiutare direttamente e indirettamente persone senza dimora e nemmeno una volta ho pensato minimamente a immedesimarmi in loro.
Questa è stata la mia opportunità, per lo meno più vicina possibile a questa realtà, e visto come il mio corpo ha reagito stamattina, non è stato facile.
Non riesci a dormire, hai paura che qualcuno passi e si prenda le poche cose che hai se chiudi gli occhi o che ti picchi addirittura. Tutto intorno a te diventa un costante pericolo che non ti fa vivere.
Così finalmente ho capito fino in fondo perché bisogna aiutare queste persone e soprattutto rispettarle.

Leonardo